Grotta del Romito: Cinquantenario della scoperta

Si celebra a Papasidero il Cinquantenario della scoperta del Bos primigenius, il graffito rappresentante un toro risalente al Paleolitico ritrovato nel giugno dell’anno 1961 nella Grotta del Romito. L’uomo del Romito era della razza cro-magnon, non sapeva allevare gli animali e non conosceva l’agricoltura e la lavorazione della ceramica. La grotta è divisa in due parti: quella vera e propria, profonda circa venti metri, che si addentra nella formazione calcarea con un cunicolo stretto e oscuro e il riparo che si estende per circa 34 metri in direzione est-ovest. L’homo sapiens abitò intensamente la grotta lasciando innumerevoli testimonianze del suo passaggio in strumenti litici e ossei, nello stupendo graffito e nei resti dei propri scheletri. La figura di toro, lunga circa 1,20 metri, è incisa su un masso di circa 2,30 metri di lunghezza. La rappresentazione dell’animale forse propiziava la caccia e simboleggiava una divinità che dava vita. Le corna sono proiettate in avanti e hanno il profilo chiuso. Sono rappresentati accuratamente alcuni particolari come le narici, la bocca, l’occhio appena accennato, l’orecchio. In grande evidenza sono le pieghe cutanee del collo e assai accuratamente descritti i piedi fessurati. Un segmento attraversa la figura dell’animale in corrispondenza delle reni. Al di sotto della grande figura di toro vi è incisa, molto più sottilmente, un’altra figura di bovide di cui sono eseguiti soltanto il petto, la testa e una parte della schiena. Di fronte al masso con il bovide ve ne è un altro di circa 3,50 metri di lunghezza, con segni lineari incisi di significato apparentemente incomprensibile. La frequentazione neolitica della grotta del Romito è documentata dal rinvenimento di una cinquantina di cocci di ceramica che rivelano l’esistenza del transito del commercio della ossidiana proveniente dalle isole Eolie. Nella grotta è possibile osservare delle riproduzioni di sepoltura datate all’incirca 9.200 anni a.C. , contenenti ciascuno una coppia di individui disposti secondo un rituale ben definito. Una di queste coppie di sepoltura è stata rinvenuta nella grotta e due altre coppie nel riparo, poco distanti dal masso con la figura del toro. Di queste coppie di scheletri, la prima è conservata nel museo nazionale di Reggio Calabria, la seconda si trova nel museo di Preistoria fiorentino, insieme alle schegge litiche rovate nei vari strati esaminati nel riparo e nella grotta, la terza è ancora oggetto di studio da parte dell’Istituto di Preistoria di Firenze. Recenti scavi avvenuti nello scorso settembre hanno portato alla luce i resti di una quarta sepoltura ancora più antica delle precedenti di un giovane cacciatore risalenti a circa 17.000 anni fa, evidente testimonianza di un’intensa frequentazione del riparo del Romito da parte dell’uomo preistorico.

Scoperta nella Grotta del Romito a Papasidero

Trovata una nuova tomba, la nona, nella grotta Riparo del Romito di Papasidero. La grotta è quella del Bos primigenius. La scoperta è stata fatta nel corso di scavi effettuati a cura dell’Università di Firenze. La tomba contiene i resti, risalenti a 16 mila anni fa, di un giovane cacciatore.

Area archeologica nella provincia di Cosenza

Il 4 marzo 2011 sono stati riportati alla luce beni archeologici di grande valore, nel Comune di Tortora, dagli uomini delle Fiamme Gialle di Scalea, con la collaborazione della Soprintendenza per i Beni Archeologici della Calabria. Fra i reperti ritrovati spiccano interessanti materiali a figura rossa: frammenti dell’orlo di un’anfora e di uno Skyphos (recipiente per vino), resti di un’anfora di tipo attico e un puntale d’anfora da trasporto. Ciò che scuote grande interesse è una tomba lucana a cassa di laterizi della fine IV secolo a.C., contenente un vaso chiuso a vernice nera intatto e uno scheletro di età adulta. La scoperta è stata resa possibile grazie alla segnalazione di una persona, durante l’esecuzione di alcuni lavori avviati per la sistemazione di Piazza Madonna delle Grazie, dove una delle piante d’ulivo precedentemente piantate sul terreno non si era sviluppata rigogliosamente come le altre. Dunque, nel corso dei lavori di sostituzione, sono stati notati dagli operai vari frammenti di materiale antico.
L’intera zona del sito archeologico, sui 200 mq, è stata messa sotto sequestro dalla Guardia di Finanza di Scalea e affidata ai responsabili della Soprintendenza per i Beni archeologici della Calabria.

Tomba rinvenuta nel lametino

E’ stata rivenuta un’area funeraria in contrada S. Sidero di Lamezia Terme tra i mesi di giugno e novembre 2010, durante i lavori di realizzazione di un metanodotto. La scoperta è stata illustrata giovedi’ 23 dicembre, nel complesso monumentale del San Domenico, all’interno del museo lametino, nel corso di una conferenza stampa alla presenza del sindaco, di Simonetta Bonomi, di Roberto Spadea per la Soprintendenza ai Beni Archeologici della Regione Calabria e di Giovanna De Sensi Sestito, delegata del sindaco ai Beni Culturali. Gli scavi diretti dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici della Calabria hanno scoperto una piccola tomba da agganciare ad una delle necropoli della colonia di Crotone, Terina, oggi riconosciuta con i resti che emergono nella vicina contrada Iardini di Renda presso S.Eufemia Vetere. La scoperta del sito accresce grandemente il panorama delle aree funerarie collocate attorno alla antica città, per la quale erano gia’ noti altri resti funerari, come quelli indicati da Paolo Orsi nelle Contrade Gelsito, Paracocchio e Palazzi, la cui esistenza e’ stata ultimamente confermata dalle attivita’ di ricerca svolte nel territorio dall’Associazione Archeologica Lametina. Il nucleo ristretto di sepolture ha permesso di verificare il legame di vari riti di sepoltura in un ristretto spazio di tempo, in cui accanto alla presenza di gente greca si affiancava gente osco-italica, i Brettii, che, dalla meta’ del IV secolo a.C., prese Terina, bene inserendosi nel complesso sociale e politico della citta’. La qualita’ delle tombe scoperte è quella a lastre di pietra e copertura a doppio spiovente e contrassegnate da lettere dell’alfabeto greco, che e’ stata portata e ricostruita nel Museo Archeologico Lametino, attestando un buon momento di agio attraversato dalla citta’ nel corso del III secolo a.C. La tipologia delle sepolture e particolarmente di quella a cassa dimostrano come Terina fosse bene inserita nel circuito culturale ed artistico che caratterizza la koine’ ellenistica magno greca, con diffusione di modelli che interessano tutti i settori del vivere quotidiano, dall’architettura (lo dimostra la tomba) alle produzioni, fra le quali spiccano quelle in ceramica, particolarmente quella a vernice nera, al metallo e alle oreficerie. Gli scavi e l’allestimento sono stati diretti e coordinati da Roberto Spadea con la collaborazione di Giovanna Verbicaro. Altre collaborazioni quelle di Lucia Bianchi e di Carlo Scuderi che ha curato i rilievi. I primi restauri ed i montaggi sono stati curati dall’Associazione Archeologica Lametina con la preziosa guida di Enza Purri Siviglia e la collaborazione di Paola Caruso e Valeria Failla. Il gruppo tecnico si e’ avvalso dell’architetto Nicola Purri per la progettazione e della collaborazione di Vittorio Scardamaglia, Fabio Butera, Luigi Calimeri e Antonio Cantafio, quest’ultimi della Soprintendenza per i Beni Archeologici della Calabria. Le riprese fotografiche e il filmato sono di Domenico Critelli che ha curato la realizzazione dei pannelli.

Nuove scoperte archeologiche in Sila

Domenico Marino archeologo e direttore della Soprintendenza per Beni Archeologici della Calabria e Armando Taliano Grasso, in un incontro al Parco Old Calabria di Camigliatello Silano, illustrano le nuove eccezionali scoperte archeologiche che gettano nuova luce sul passato remoto dell’Altopiano della Sila.
I segni dell’uomo Erectus, di quello di Neandertal fino alle tracce dell’epoca romana passando per quelle dell’era magno-greca, sono state rinvenute nei pressi del bacino lacustre di Cecita che un tempo lontano era un lago naturale generato da un movimento tettonico che interruppe il primitivo corso del Mucone. Tracce interessanti sono state trovate anche nei pressi dei laghi Ampollino e Arvo.